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PSICOTERAPIA Psicoterapia cognitivo-comportamentale

MINDFULNESS

La mindfulness è una pratica meditativa, che trae le sue radici storiche dalla tradizione buddhista.

Senza stare ad elencare le numerose forme di pratica meditativa presenti nel buddhismo, possiamo identificare la meditazione vipàssana, utilizzata per indurre nella mente uno stato di consapevolezza e comprensione della natura della realtà così com’è, come il riferimento principale delle pratiche di mindfulness.

Il significato della parola vipassana è “chiara visione” che può essere anche reso con l’espressione inglese “insight”.

La mindfulness consiste nel “porre attenzione in un modo particolare: intenzionalmente, nel momento presente e in modo non giudicante” (Kabat-Zinn, 1994). Si basa sull’affinamento della capacità di porre attenzione all’esperienza del momento, con un atteggiamento di apertura e accettazione al fine di raggiungere una consapevolezza costante e profonda e una maggior capacità di riconoscimento degli eventi mentali nel momento presente, lasciando emergere una facoltà intuitiva che va al di là del pensiero.

È quindi un esercizio sistematico di auto-osservazione non giudicante del flusso degli stimoli interni o esterni nel momento in cui sopraggiungono.

Contrastando l’impulso spontaneo a definire, valutare e giudicare l’esperienza, la mindfulness offre l’opportunità di imparare a non ricorrere automaticamente a processi di pensiero irrazionali e a non incorrere, quindi, nelle conseguenti reazioni emotive e comportamentali abituali.

Si sviluppa il decentramento, l’attenzione focalizzata e una maggiore stabilità della mente, mediante il distacco da abitudini, schemi e comportamenti condizionati.

Il primo a sperimentare l’applicazione clinica della mindfulness è stato John Kabat-Zinn che già alla fine degli anni 70 aveva elaborato il protocollo Mindfulness Based Stress Reduction (MBSR), per la riduzione dello stress. Egli insegnava ai suoi pazienti l’antica pratica della meditazione, introducendo degli adattamenti tesi a renderla appropriata a individui sofferenti di dolori fisici e debilitati dagli stress della malattia e della vita.

L’efficacia del protocollo MBSR è stata verificata empiricamente, negli anni, attraverso studi controllati, nei quali si riscontra una duratura riduzione dei sintomi fisici e psicologici con profondi cambiamenti positivi negli atteggiamenti, nei comportamenti e nella percezione di sé, degli altri e del mondo. Esso trova applicazione in diversi campi della clinica, dai disturbi d’ansia, ai disturbi dissociativi, fino ad essere elemento fondamentale della terapia cognitivo-comportamentale del Disturbo Borderline di Personalità.

Il programma MBSR prevede un corso di 8 settimane, per gruppi dai 15 a 40 partecipanti, che si riuniscono a cadenza settimanale, con lo scopo di imparare a praticare la mindfulness. È aperto a persone con problemi sia fisici che psicologici, che vengono addestrati a osservare i propri pensieri e le proprie emozioni senza essere assorbiti dai loro contenuti. Vengono insegnate quattro forme specifiche di meditazione, atte a sviluppare la consapevolezza: il body scan, l’hata yoga, la sitting meditation e la walking meditation.

La Mindfulness-Based Cognitive Therapy (MBCT; Segal, Williams & Teasdale, 2002) è un adattamento del protocollo MBSR che integra le tecniche della Terapia Cognitiva con la pratica della mindfulness, con protocolli dedicati sia ai disturbi d’ansia che ai disturbi dell’umore.

Fabrizio Didonna (2012). Manuale clinico di Mindfulness. Franco Angeli.

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PSICOTERAPIA

PSICOTERAPIA SENSOMOTORIA

L’ aumento delle conoscenze nel campo delle neuroscienze ha aperto la porta a nuove integrazioni cliniche, soprattutto nell’ambito della psicotraumatologia.

La Psicoterapia Sensomotoria emerge tra queste nuove prospettive teorico-cliniche come approccio integrato per la cura del trauma e non solo. Trova la sua espressione sia in tecniche di intervento basate sul colloquio sia in modalità più orientate al corpo, rivolgendo una particolare attenzione all’esperienza somatica come punto di accesso per l’elaborazione di eventi traumatici. 

Sviluppata a partire dagli anni ’80 da Pat Ogden, con il contributo del lavoro di Ron Kurtz, dei lavori nel campo dell’attaccamento, delle neuroscienze, della mindfulness e di approcci corporei come l’Hakomi Method e il Metodo Rolf di integrazione strutturale, la psicoterapia sensomotoria lavora integrando modelli psicoterapeutici tradizionali, come gli approcci psicanalitici e cognitivo comportamentali con procedure che mettono al centro della consapevolezza il corpo e i significati delle esperienze vissute radicati in esso. Il corpo diventa essenziale nel lavoro terapeutico poiché la persona “ricorda” gli eventi traumatici attraverso la riesperienza sensomotoria, con sintomi come disregolazione emotiva, sintomi fisici o sintomi dissociativi. 

Nell’approccio sensomotorio, considerando primariamente la componente fisiologica del trauma, si interviene sullo squilibrio tra il sistema simpatico e parasimpatico e sulla sofferenza indotta dall’iper-attivazione (o ipo-attivazione) dell’arousal o dal tentativo di difendersi da essa. Il lavoro sul corpo facilita il processamento delle memorie implicite, modifica gli apprendimenti procedurali e facilita la regolazione dell’arousal del sistema nervoso autonomo.

In persone esposte a traumi, sia unici che ripetuti, si verificano risposte di “falso allarme”. L’organismo, infatti, risponde ad una minaccia in maniera automatica, senza calibrare l’attivazione attivando strutture subcorticali, come l’amigdala, che innescano risposte stereotipate e generalizzate di difesa anche di fronte ad uno stimolo non minaccioso. Questa reazione tende a cronicizzarsi in soggetti gravemente traumatizzati, soprattutto se le esperienze avverse sono avvenute durante l’età dello sviluppo, riattivando reazioni di difesa che caratterizzano il modo di essere della persona stessa.

Nelle sedute di terapia sensomotoria si mettono da parte i contenuti, la narrazione, per concentrarsi sull’esperienza fisica sperimentata nel momento presente, attraverso la consapevolezza delle sensazioni fisiche per raggiungere la regolazione dell’arousal, punto nodale di quest’approccio.

Tutte le dimensioni dell’esperienza vengono incluse nel lavoro terapeutico, con un atteggiamento curioso ed interessato rivolto all’esperienza somatica procedendo in una direzione di conoscenza, piuttosto che di evitamento, di quei correlati fisiologici spesso considerati allarmanti ma che diventano invece parte di un’esperienza integrata e sempre più regolata.

La Psicoterapia Sensomotoria aiuta quindi i pazienti traumatizzati a regolare le loro esperienze fisiche in modo da percepire un senso di sé radicato, competente e orientato all’esperienza presente, occupandosi non solo del trauma propriamente detto, ma anche di tutte quelle situazioni, che vissute durante l’infanzia, possono aver lasciato traccia nel corpo o nei comportamenti, dirottando i pensieri e le emozioni. 

Allo stato attuale la Psicoterapia Sensomotoria rappresenta un trattamento specifico per il Disturbo Post-traumatico da Stress, per i disturbi post-traumatici complessi e i disturbi relativi allo sviluppo e alla storia di attaccamento.

Pat Ogden, Kekuni Minton, Clare Pain, (2012) “Il trauma e il corpo. Manuale di Psicoterapia Sensomotoria”, Istituto Scienze Cognitive Editore

Pat Ogden, Janina Fisher (2016) “Psicoterapia Sensomotoria. Interventi per il trauma e l’attaccamento”, Raffaello Cortina Editore

D.J. Siegel, “Mindfulness e Cervello” (2009). Raffaello Cortina Editore

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Psicoterapia cognitivo-comportamentale

COMPASSION FOCUSED THERAPY

La “Terapia Focalizzata sulla Compassione” – CFT (Gilbert, 2007, 2010) nasce dall’incontro tra l’insegnamento buddhista, le tecniche di psicoterapia cognitivo-comportamentale e un approccio evoluzionistico alle neuroscienze e alla psicologia sociale connesso alla psicologia e alla neurofisiologia del comportamento di accudimento, sia del dare che del ricevere.

Offre una concettualizzazione della psicopatologia e del suo mantenimento che si basa sulle dinamiche di attivazione di alcuni sistemi di regolazione emotiva, proponendo una visione del processo di cambiamento che si basa sulla modulazione di sistemi motivazionali e affettivi basati sull’accudimento e sul care-giving

La CFT suggerisce che possa esserci un problema in un sistema emotivo implicito, che si è evoluto nei mammiferi con il sistema di accudimento, che da origine alla sensazione di tranquillità, sicurezza e connessione. L’impossibilità di accedere a tale sistema manterrebbe l’ambiente emotivo invariato, freddo e distaccato impedendo di dare una connotazione più calda e amorevole (“compassionevole”) ai propri pensieri alternativi e alle proprie immagini mentali. In particolare persone che vivono alti livelli di vergogna o autocritica avrebbero una specifica difficoltà nell’accedere a sentimenti di calore verso se stesse, compassione e rassicurazione.

Nel cervello sono presenti tre sistemi regolatori delle emozioni

  • sistema focalizzato sulla minacce e la protezione di sé (threat system)
  • sistema focalizzato sul raggiungimento degli scopi (drive, seeking and acquisition system)
  • sistema focalizzato sull’affiliazione e rassicurazione (Contentment, soothing and affiliative system), definito da Gilbert “sistema calmante”

Lo scopo principale è quello di facilitare lo sviluppo e l’accesso al soothing system per bilanciare l’azione degli altri due. Questo tipo di azione è finalizzato il Compassionate Mind Training, cioè una serie di esercizi volti a costruire una capacità compassionevole attraverso:

  • lo sviluppo di una capacità interna di fronteggiare i processi (inutili) di minaccia e desiderio
  • la costruzione di una capacità di esperire emozioni positive, in particolare affiliazione e contentezza
  • l’utilizzo di interventi centrati (ad esempio) su respiro rilassante, training sulla focalizzazione dell’attenzione, esplorazione dei bias cognitivi ed emotivi, evitamento comportamentale, uso dell’imagery e della focalizzazione senso-motoria

Paul P. Gilbert (2012). La terapia focalizzata sulla compassione. Franco Angeli.

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Psicoterapia cognitivo-comportamentale

ACCEPTANCE AND COMMITMENT THERAPY

L’Acceptance and commitment Therapy – ACT (Hayes, Strosahl, & Wilson, 1999) è una delle terapie cognitivo-comportamentali di terza generazione.

I principali obiettivi dell’ACT sono quelli di incrementare la flessibilità psicologica e l’accettazione, aumentare le capacità di mindfulness e modificare il comportamento. Con l’espressione flessibilità psicologica ci si riferisce alla capacità dell’individuo di essere pienamente in contatto con il momento presente, e, basandosi su quello che la situazione permette, di cambiare o persistere in comportamenti che perseguono i valori che sono stati scelti come centrali nella propria vita.

Al cuore dell’ACT c’è la concezione che la sofferenza psicologica sia solitamente causata dall’interfaccia tra linguaggio, cognizione e controllo dell’esperienza diretta. L’inflessibilità psicologica, cioè il repertorio di comportamenti disfunzionali che presenta la persona sofferente, sarebbe il frutto di strategie di evitamento dell’esperienza interna (pensieri ed emozioni) e di fusione con i propri pensieri (fusione cognitiva), di attaccamento al sé concettualizzato, della perdita di contatto con il momento presente e del risultante fallimento nell’intraprendere i necessari passi comportamentali in accordo con i propri valori personali. Questi elementi sono i sei processi che costituiscono l’hexaflex, o esagono della flessibilità psicologica, il modello concettuale psicopatologico e clinico su cui si fonda l’ACT

L’ACT, basandosi su ricerche sui processi linguistici di base (basate su una teoria del linguaggio e della cognizione umana chiamata Relational Frame Theory, RFT), sostiene che il linguaggio intrappoli i pazienti dentro inutili tentativi di combattere contro la sofferenza interiore, e che tentare di cambiare direttamente pensieri ed emozioni che creano difficoltà sia una modalità controproducente di coping. Essa prova a scardinare questi meccanismi attraverso un uso funzionale del linguaggio: usando metafore, paradossi ed esercizi esperienziali (la componente tecnica e comportamentale dell’ACT), il terapeuta guida il paziente ad instaurare un contatto sano con quei pensieri, sentimenti ed emozioni che sono stati fino a quel momento temuti o evitati. Si impara quindi a ricontestualizzare ed accettare questi eventi interni, sviluppando quindi una maggiore consapevolezza verso i propri valori personali e impegnandosi nei cambiamenti comportamentali necessari.

La Acceptance and Commitment Therapy (ACT), vanta numerosi studi di efficacia, che la rendono indicata per vari disturbi, come i disturbi d’ansia e dell’umore, le dipendenze, il dolore cronico, condizioni legate a malattie croniche e i disturbi psicotici.

Russ Harris (2011). Fare Act. Una guida pratica per professionisti all’Acceptance and Commitment Therapy. Franco Angeli